Nacque a Carpignano Salentino (LE) l’8 ottobre 1882 e morì a Lecce il 18 marzo 1825. La sua famiglia, come denota il cognome, era di probabile origine ebraica. Appassionato di scienze naturali fin dagli anni liceali ricevette l’incarico di ricostruire lo scheletro di un capodoglio lungo 12 metri spiaggiato presso Otranto e venduto al museo Zoologico di Pisa. Dopo aver frequentato la Facoltà di Scienze Naturali a Firenze e a Napoli si laureò con una tesi sul miocene in Puglia. La prima moglie, dalla quale ebbe due figli, morì di spagnola e Salomi ne sposò dopo alcuni anni la sorella dalla quale ebbe tre figlie. Una di esse, Teresa, ha consentito la ricostruzione di tutta la vicenda umana e scientifica del padre rifluita poi in una monografia curata da Giuseppe Carrozzini, Liborio Salomi, un illustre salentino quasi sconosciuto, Milella, Lecce 2015). Detenne, per lunghi anni la cattedra di Storia naturale dell’Istituto tecnico Cosimo De Giorgi di Lecce.
Alla sua attività didattica associò sempre quella di naturalista e tassidermista realizzando centinaia di esemplari, prevalentemente vertebrati, che costituirono il “Museo Gabinetto di Scienze Naturali”. Ma la sua instancabile attività esercitata per oltre 40 anni lo portò a realizzare migliaia di esemplari venduti a diverse istituzioni museali italiane ed estere. Molte di queste le avevano appositamente richieste per le loro raccolte. Tra queste troviamo anche quella del Don Bosco Ranchibile la cui storia risale agli inizi del ‘900. La collezione proviene dall’Ispettoria dei Salesiani di Catania alla quale, per quante ricerche abbia fatto, non sappiamo come sia pervenuta. Forse per la fama che aveva il Salomi e che un salesiano appassionato di Storia Naturale conosceva, forse per una personale amicizia di un religioso siciliano con uno leccese? Non sappiamo. Come non sappiamo come e perché sia stata portata all’Istituto Don Bosco Ranchibile di Palermo. Probabilmente avrà seguito un salesiano, professore di scienze che da Catania era stata trasferito a Palermo e che aveva voluto portare con sè questa affascinante collezione. Nel tempo, infatti, a parte alcuni esemplari in cattivo stato di conservazione, di fatto, non utilizzabili, non ha perso nulla della sua iniziale attrattiva. A quasi un secolo dalla morte del Salomi, infatti, questi esemplari mantengono quelle caratteristiche di immediatezza espressiva, di cattura dell’attimo che è la principale qualità di un grande tassidermista. Non sappiamo se il Minà, in contatto con i maggiori naturalisti del suo tempo, abbia conosciuto i lavori del Salomi. Peraltro aveva solo 11 quando quest’ultimo morì. Ma la notizia, non altrimenti documentata che molti dei suoi preparati si trovavano in Sicilia lascia supporre che ne abbia avuto conoscenza. Un’attenta lettura dell’epistolario rimastoci che ci ripromettiamo di fare, potrà darci, forse, una risposta. La Collezione è stata previamente visionata e valutata, oltre che dal sottoscritto nella sua qualità di Vicepresidente del Museo, dal prof. Attilio Carapezza, componente del Comitato scientifico del Museo e dal prof. Bruno Massa, docente di ornitologia di riconosciuta fama. Consta di 33 esemplari di cui 21 uccelli più un primate e un tasso che, dopo la loro acquisizione, sono stati opportunamente sottoposti al processo di disinfestazione mediante prolungata refrigerazione. Per l’importanza della collezione si è ritenuto opportuno predisporre una o più vetrine di prossima realizzazione che la renderanno fruibile al pubblico.